Bentornati all'appuntamento con la rubrica Basis Point. Oggi vi parlo di una clamorosa iniziativa presa da una banca tedesca nelle ultime ore. I lettori probabilmente non si allarmeranno leggendo il titolo di questo articolo perché già per aprire un conto corrente in banca e tenerci i soldi si affrontano delle spese (commissioni, imposte di bollo, ecc.) ma la banca tedesca ha pensato di chiedere un tasso di interesse negativo ai propri correntisti. Incredibile ma vero! La notizia è di qualche ora fa e la sua portata è ancora tutta da valutare. La Deutsche Skatbank – un piccolo istituto con soli 15mila correntisti e sede ad Altenburg, nell’ex Germania orientale, ha deciso di addebitare tassi d’interesse negativi ai suoi correntisti che hanno depositi superiori a 500mila euro. In parole povere, se foste tra loro, per tenere i soldi da loro dovreste pagare lo 0,25% all’anno. Apparentemente è una misura priva di logica: perché una banca, che nasce con l’obiettivo di comprare soldi per investirli, decide di far pagare un prezzo a chi glieli offre?
Peraltro, le banche non chiedono soldi in prestito solamente a cittadini e imprese. Ci sono anche le banche centrali – un tempo Bankitalia, ora la Bce - che prestano i soldi alle banche. E anche loro, come tutti quelli che prestano i soldi, fanno pagare un tasso d’interesse. Attualmente, complici le difficoltà economiche delle economie dell’Eurozona, il tasso d’interesse che la Bce offre alle banche che le chiedono i soldi – il cosiddetto tasso di rifinanziamento principale - è molto basso: in sei anni, dal 2008 a oggi, è sceso dal 2,5% allo 0,05%. In pratica, la Bce regala i soldi alle banche che decidono di prenderseli, nella speranza che investano nella ripresa europea. Che la mossa non abbia del tutto funzionato, sinora, è evidente. Le banche ancora faticano a prendere a prestito i soldi e a prestarli a cittadini e imprese. Allo stesso tempo, preferiscono tenerne una parte al riparo, nei conti deposito che hanno presso la Banca Centrale Europea. Ecco allora la mossa del cavallo di Draghi: far pagare alle banche un prezzo su quei soldi parcheggiati a Francoforte. Un prezzo – siamo quasi arrivati, non preoccupatevi – che prende il nome di tasso d’interesse negativo. La misura ha una sua logica: in teoria dovrebbe spingere le banche a investire nell’economia reale e a sostenere l’aumento delle esportazioni, degli investimenti e dei consumi. La questione, tuttavia, ha tenuto banco per mesi, anche perché nessuna banca così grande - ci ha provato la banca centrale danese, per dire - ha mai provato in precedenza questa politica. A giugno, dalle parole si è passati ai fatti: il 6 giugno scorso il tasso a brevissimo termine – in termine tecnico “deposit facility” è sceso in territorio negativo – passando al -0,1%. L’effetto è stato piuttosto dirompente: nella notte tra l’11 e il 12 luglio, la prima con la tassa sul parcheggio, i depositi sono crollati a 324,931 miliardi di euro, contro gli oltre 800 miliardi che erano stati depositati nel giorno precedente. Eccoci arrivati al cuore del problema: ora che hanno liquidità in eccesso e non possono più parcheggiarla a Francoforte, le banche commerciale dove la possono mettere? Prima possibilità, che poi è quella auspicata dalla Bce: abbassare i tassi d’interesse con cui prestano denaro, per stimolare i potenziali investitori e consumatori. O anche far pagare il prezzo del parcheggio, come ha fatto la Deutsche Skatbank. Questo è quel che hanno detto i tedeschi, del resto: «Il calo dei tassi d’interesse per alcuni depositi presso Deutsche Skatbank è dovuto ai risultati negativi determinati da analoghi cambiamenti nei tassi d’interesse della Bce e del mercato interbancario», si legge sul sito ufficiale dell’istituto di Altenburg. Che succederà ora? Altri istituti ne seguiranno l’esempio? «Al momento si tratta di un caso isolato. Siccome la misura si applica solo ai depositi che hanno più di 500 000 euro, i risparmiatori medi non sono colpiti» osserva Ingo Weber, del sito web Verivox, che tuttavia aggiunge che «non è escluso che altre banche seguano l’esempio». Anche in Italia? Secondo il Sole24Ore, la scelta della Bce riguarda soprattutto le economie del nord Europa. A depositare soldi presso l'Eurotower sono infatti soprattutto le banche francesi, tedeschi e lussemburghesi, che hanno un eccesso di liquidità. Quelle italiane e spagnole, invece, hanno semmai il problema opposto, quello della capitalizzazione. Detto questo, in Italia operano anche molte banche del tutto o in parte nord-europee. UniCredit, ad esempio, è mezza tedesca, così come Bnl è parte del gruppo Bnp-Paribas. Potrebbe non voler dire nulla, certo, ma, se c’è una cosa che abbiamo imparato, è che nel mercato finanziario non esistono confini e carte geografiche. E che allo stesso modo, le previsioni sono fatte per essere smentite. Ad esempio, quella che mai e poi mai i tassi negativi sui depositi della Bce si sarebbero scaricati sui correntisti. Allo stesso modo, oggi sappiamo anche che un istituto di credito, piuttosto che abbassare i tassi d’interesse con cui presta denaro, decide di far pagare al correntista il deposito, accettando il rischio che porti i suoi soldi altrove. Una scelta che, più di ogni altra, dà la misura della crisi economica europea e che sarà sicuramente al centro della discussione all’interno del board della Bce di oggi, in cui Draghi proverà a convincere il governatore della Bundesbank Jens Weidmann e gli altri scettici, della necessità di ulteriori misure anti-convenzionali contro la recessione. Immaginiamo la loro obiezione: che senso hanno, se quelle che ha usato finora non hanno sortito alcun effetto? Domanda cui si aggiunge, molto più modestamente, la nostra: se non questo, allora cosa? fonte: linkiesta.it A.V.
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